La storia di un nonno bambino
In un piccolo paese di collina, circondato da monti e vallate, viveva il protagonista di questa storia, un bambino felice figlio di due contadini. La sua famiglia viveva di stenti e di sacrifici, ma tutti erano felici e si volevano molto bene. Era il gallo a svegliare tutte le mattine l'umile famiglia perché non avevano l'orologio per segnare il tempo. Alle prime luci dell'alba tutti, anche i vicini di casa, quelli dei "vicoli vicini" si davano la voce e partivano per il lavoro: le attività erano tante.
Gennaro, così si chiamava il protagonista, come tutti i bambini del paese, si svegliava presto per aiutare i genitori nei lavori della casa e della campagna. Egli era felice di fare quella vita, soprattutto quando andava alla campagna di suo nonno. Qui, infatti si lavorava allegramente, si intonavano canti, si scherzava, fino all'ora della pausa che era quella del pranzo. Allora Gennaro diceva a voce alta: -venite, la merenda è pronta-. Si rideva e si mangiava tutti insieme nel "tiano".
I cibi erano umili, difficilmente si vedeva la carne, che era molto desiderata. Si dovevano accontentare di uova, "mallone" (misto di erbe selvatiche e patate), pizze di granturco e salami (la soppressata) di maiale. Il maiale veniva curato molto perché era la ricchezza della famiglia e si faceva a gara a chi lo ingrassava di più. Gennaro ogni anno aspettava impaziente l'uccisione dell'animale che, di solito avveniva nel mes di gennaio. Era una festa anche per i bambini che tiravano a sorte per mantenere la coda del maiale, di cui non si buttava niente, neanche il sangue. -Mamma, quando arriva il monaco del convento? Gli voglio tirare il cordone!- diceva Gennaro. La mamma rispondeva: -tra poco! Fai bene a toccarlo perché ti porterà fortuna nella vita! (Ma lui oggi dice che non è vero) Il monaco si presentava alle case dei contadini per ricevere la sugna donata con gioia e devozione a San Francesco e i suoi frati, in segno di augurio. Si lavorava molto in quel paese, fino a tarda sera, ma lo facevano molto di più le donne. La mamma di Gennaro, lavorava più del padre che, finito il lavoro andava a distrarsi nelle cantine o nella piazza con gli amici. La giornata della mamma era lunga e pesante. Alle prime luci dell'alba provvedeva a rigovernare (a cuvernà) gli animali, poi con il "cuppiello n'capa" pieno di letame seguiva il marito in campagna. Gennaro e i suoi fratelli provvedevano alle loro necessità. Gennaro, che era il più grande, aiutava i più piccoli, sistemava l'ultimo fratello nella cesta, "sporta" e si partiva per le campagne. Ritornavano a casa al tramonto, cominciava per la mamma il lavoro domestico: accendeva il fuoco, cucinava, puliva la casa con i rami di ginestre "a' ianest" e faceva il bucato "a culata" fatto con cenere, gusci di uova, bucce di limone, foglie profumate di alloro e agrumi, erbe saponarie e scaglie di sapone, comprate dal "piattaro" venditore ambulante. I bambini avevano poco tempo per giocare. Il tempo per i giochi l'avevano dopo pranzo, quando i genitori stavano a casa per riposare di estate. Mentre le donne e le nonne sedevano per raccontare "e cunt", i bambini giocavano. Erano giornate bellissime, piene di scherzi e tanta voglia di vivere. I giocattoli non esistevano, se li creavano i bambini stessi: bambole di pezza, strummoli, palle di pezza, gioco dei bottoni e delle pietre "e brecce", la piramide umana "a pampanella ca muss pe terra", ad arco e frecce… La fantasia era tanta! Si divertivano molto soprattutto a Natale, quando sparavano i botti per le vie del paese e intonavano "mo vene Natale e non tengo renari, o meglio pizzo è il fuculare"… Si aspettava con l'acquolina in bocca il pranzo di Natale che ovviamente era più ricco quando la vendita del vino rendeva. Gli anni passavano e Gennaro decise di andare a scuola e di imparare un mestiere. Diventò musicante portando l'onore del paese, un paese di musicanti. Incontrerà tante persone, visiterà tanti paesi e li osserverà da vicino. Ma della musica ha solo un ricordo perché ora Gennaro ha 62 anni ed è molto stanco e malato. Rimpiange molto il suo lavoro che non ha potuto più svolgere e ogni volta che mi racconta qualcosa dice sempre: -quando stavo bene…" Si vede che non è molto felice, ma quando parla di sé e del suo passato si commuove sempre e adora spiegarmi le cose della vita e del mondo. Mi insegna tante cose: come è nata la terra, perché le galline fanno l'uovo e come si riproducono gli
animali
Grazie nonno Gennaro! Grazie per avermi fatto conoscere il tuo passato e la tua infanzia, così lontana da noi, ma così semplice, felice e piena di fantasia.
Gerardo classe II
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