Una giornata molto speciale
Era una mattina di novembre, malinconica e uggiosa e il signor Alberto, usciva come tutte le mattine a quell'ora, sul suo terrazzino dove aveva costruito una simpatica ed accogliente cuccia per l'unico amico che gli era rimasto da quando anche la sua povera Elvira lo aveva lasciato, cioè il piccolo Teo. Quel simpaticone gli era di gran conforto perché gli impediva di rimurginare brutti pensieri e il suo scodinzolare faceva sorridere, anche se ogni tanto doveva rimproverarlo perché se lo ritrovava tra i piedi e qualche volta aveva rischiato anche di cadere e di farsi male perché si sa, i vecchi non sono tanto agili. Quel giorno però, era proprio un giorno speciale, anche se il signor Alberto non se ne era ancora reso conto; lui aveva il piccolo Teo in braccio e insieme osservarono da dietro i vetri della finestra rigati di pioggia tutto il mondo che correva davanti ai loro occhi. Osservando tutti quei bambini che a quell'ora si recavano a scuola con i loro pesanti zaini sulle spalle e gli ombrelli che il vento ogni tanto faceva volare all'indietro. Il signor Alberto pensava al suo nipotino, Luca, il figlio della sua unica figlia che si era sposata con un ufficiale di marina e quindi doveva sempre spostarsi, lei e il figlio, in giro per il mondo, per poterlo seguire. Aveva tanto desiderio di rivederlo, il suo piccolo Luca che ormai piccolo non era più perché aveva quasi 15 anni, ma lui lo ricordava così come era l'ultimo Natale che avevano trascorso insieme, quando di anni ne aveva 8.
Ogni tanto riceveva qualche fotografia della sua famiglia ma non era la stessa cosa che vivere insieme a loro. Era assorto in questi pensieri e non si era accorto che squillava il telefono e come al solito era Teo che lo faceva tornare alla realtà con il suo allegro abbaiare. Il signor Albero andò al telefono pensando a quella curiosa novità: chi mai poteva telefonare a un povero vecchio solo? Sicuramente era qualcuno che aveva sbagliato numero - pensò tra sé. Prese in mano la cornetta e la voce che gli parlava sembrava quasi straniera tanto era strano l'italiano in cui parlava. Quella voce dovette ripetere più volte il suo nome prima che il signore Alberto comprendesse: era Luca, il nipote a cui stava pensando proprio in quel momento e a cui pensava sempre; gli ripeteva, nel suo italiano malandato, che presto sarebbe arrivato lì da lui perché era giunto "primo" in un importante gara di nuoto e quando i genitori gli avevano chiesto cosa volesse in premio, lui aveva risposto: <trascorrere il Natale con il mio adorato nonno>. Il signor Alberto ascoltava e non riusciva a rispondere ma le lacrime gli scendevano sul viso e perfino Teo lo guardava un po' interdetto; era troppa la gioia che provava per quella telefonata in attesa e non riusciva a dire altro: <ti voglio bene, non vedo l'ora di abbracciarti>. Quando, dopo una lunga chiacchierata si lasciarono dandosi appuntamento per il mese dopo, nonno Alberto pensò che quello sarebbe stato uno dei più bei Natali di tutta la sua vita e all'improvviso, come per incanto, sparì la pioggia, la malinconia e anche i brutti pensieri, o meglio, fuori continuava a piovere ma per lui non aveva più importanza perché ora lui il sole e il buonumore li aveva nel cuore, di vecchio solo che ora tornava a battere di gioia e si sentiva più giovane e pronto ad affrontare ciò che la vita ancora sentiva più giovane e pronta ad affrontare ciò che la vita ancora gli riservava.
Valerio classe V
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