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Concorrente 284

"I racconti di nonno tre esse"

Tra tutti i nonni quello a cui sono più affezionato è nonno Matteo, il papà di mia mamma. Il nonno ha 71 anni, è siciliano e da quando sono nato si è sempre occupato di me, mi ha raccontato tanti episodi della sua vita, di quando era bambino, di quando ha lavorato come militare. Alcuni episodi sono tristi altri divertenti. Il racconto che ho scelto mi ha divertito tanto. Durante la seconda guerra mondiale il nonno abitava a Messina (in Sicilia), in una famiglia molto numerosa e soffrivano la fame. Mio nonno non era stato chiamato in guerra a combattere perché era troppo giovane. La mamma del nonno decise allora di mandarlo in un convitto di un vecchio zio che ospitava 18 ragazzi. Mio nonno, però non voleva andare in questo convitto perché non voleva lasciare la sua famiglia ma dovette accettare, per fare un piacere alla mamma e per portare a casa un po' di soldi e di cibo, inoltre li avrebbe studiato e mangiato. La zia, però, era molto avara e dava da mangiare principalmente ai giovani ospiti e al nonno sempre gli stessi piatti. Un giorno mentre egli aiutava la zia nelle faccende domestiche vide una dispensa, chiusa a chiave, piena di cose buone, la chiave era nascosta dietro ad una pentola. Di sera mentre stava nella sua stanza il nonno pensava alla dispensa piena, così nel cuore della notte, in punta di piedi, decise di scendere in cucina, prese la chiave e apri la dispensa, c'era di tutto: zucchero, salame, vino, caciotte siciliane e pane duro. Il nonno si riempì le tasche della giacca e conservò un po' di cose per la sua famiglia. Seduto nel letto mangiò il salame e bevve il vino. Anche nelle sere seguenti apri la dispensa. Un giorno con un maccherone succhiò il vino dalla bottiglia, ma la pasta diventò morbida e inacidì il vino. Quel vino che era diventato aceto fu servito durante una cena a cui era presente anche un prete. Quando la zia se ne accorse diventò di mille colori, dalla rabbia, mentre il nonno rideva e fingeva di avere la tosse. La zia non seppe mai tutto quello che mio nonno, un vero Gianburrasca, aveva combinato. Dopo due anni, a causa della guerra, il convitto si chiuse e il nonno tornò finalmente a casa. Io spero che Gesù faccia vivere tanto mio nonno cosi potrà raccontarmi ancora tante belle storie della sua vita e poi perché mio nonno è un vero amico, un tesoro.

Federico Maria Lambiase

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