Un nonno solo
Io abito in una casa al di là del fiume Arno dove, se mi affaccio alla finestra, noto un magnifico albero di mele, adiacente al quale c'e' la casa del mio vicino. Lui é un anziano vecchietto, ha un viso rugoso con due occhi flosci di colore azzurro chiaro che emanano tanta stanchezza e nel contempo tanta speranza. La sua corporatura é molto esile, non é molto alto, forse perché si curva su se stesso e si appoggia, con le sue mani tremanti e solcate dal tempo, al bastone di legno color marrone bruno.
Egli è rimasto vedovo circa trent'anni fa della moglie Sara; allora si prese cura dei suoi tre bambini: Mauro, Marco ed infine Michele, il più piccolo.
E' dal giorno in cui ha perso la moglie che è diventato mesto, depresso, infelice tanto da essere soprannominato "NONNO TRISTO"
I ragazzi di quel tempo ora sono diventati uomini che vivono molto lontano da Tristo. Quest'ultimo desidererebbe che i figli lo venissero a trovare più spesso, ma loro si limitano a venirlo a trovare massimo due volte all'anno: a Pasqua e a Natale.
Quando nonno Tristo sa che uno dei figli lo deve venire a trovare, io lo vedo tutto affaccendato e indaffarato a riempire il frigorifero di delizie e bontà per il figlio e i nipotini, facendo fare la spesa dalla vicina che abita in un condominio accanto al suo.
Si precipita in una camera di fronte alla sua ed incomincia a preparare un lettino dove farlo dormire (visto che pensa che il figlio resterà due o tre giorni>. Mi chiama dalla finestra per farsi aiutare a prendere la spesa, a pulire i mobili e a lavare le scale. Io lo faccio con molto piacere, anche se so che il figlio resterà ben poco in casa di Tristo.
Finiti i preparativi, mi fa andare via con molta gentilezza e così io esco dalla porta salutandolo con un "arrivederci". Dopo poco arriva il figlio e così Tristo lo accoglie vicino al focolare.
Lui é tutto contento, ma dopo due o tre ore o, al massimo l'intera giornata, il figlio va via senza utilizzare il letto che gli è stato preparato e in questo modo il padre diventa veramente triste.
Mentre disfa quel bel lettino caldo, io e tutti i bambini del quartiere lo andiamo a consolare e lui ci racconta di quando c'era la guerra e di quando subì un periodo di stenti.
A dir la verità, questo ce lo ripete tutte le volte che andiamo da lui, ma amandolo con tutto il cuore lo facciamo parlare senza interromperlo.
I figli non vanno molto spesso a trovarlo perchè dicono di essere molto indaffarati per il lavoro e per i problemi riguardanti le proprie famiglie.
Quelle rare volte che vengono qui a Firenze, lui chiede loro di scrivere almeno delle lettere e di mandare qualche foto dei suoi nipotini, visto che non hanno tempo di venirlo a trovare di persona.
Purtroppo sembra che non abbiano tempo nemmeno per questo, infatti non ne riceve mai.
Lui però non perde la speranza di ricevere qualcosa. Ogni giorno lo vedo uscire strascinandosi nelle sue pantofole nere sulla stradina che porta alla cassetta della posta. Prende tutte le carte e si precipita da me per farsele leggere, visto che non lo sa fare.
Mi pone davanti tutti quei fogli con sveltezza per sentire che cosa c'è scritto, ma sfogliandoli mi accorgo che non sono lettere dei figli ma bensì spot e riviste pubblicitarie. Alcune volte, per non farlo dispiacere invento io alcune parole aprendo una di quelle buste e gli racconto che loro lo pensano molto e che vorrebbero tanto stare accanto a lui. Finito di "inventare" la lettera lui osserva attentamente all'interno della busta però, non nota alcun'altra cosa e così mi dice che potevano anche mandare qualche foto per renderlo più felice.
Cerco di inventare qualche scusa per non rattristarlo ancora di più e per non fargli capire che i figli non lo pensano affatto.
Come ha finito di parlare, accontentandosi di quel che ho detto fa un sospiro di sollievo e attaccandosi al bastone inizia ad avanzare verso la sua casa con l'unica compagnia che ha: la cagnolina Sara.
Rosanna Caputo classe IV
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